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"C'è una forte atmosfera di diffusa sofferenza in questi versi di Alessandra Frison, nella loro asprezza ovattata, nel loro tono asciutto e risentito. Eppure tutto avviene, di direbbe, nel suo testo, con naturalezza quasi estrema, e dunque per necessità, senza enfasi alcuna, in un sinistro regime ombroso che coinvolge il lettore, lo attrae e lo contagia in una sorta di territorio quotidiano dello squallore e dell'anonimato...". (Maurizio Cucchi)